Diagnosi prenatale: cos’è e quali sono le tipologie di screening

 La diagnosi prenatale è quell’insieme di esami di screening e test diagnostici volti a individuare o escludere una e più anomalie fetali durante il periodo di gravidanza. L’obiettivo di questi esami è fornire ai genitori un quadro esaustivo e dettagliato del feto, ed è particolarmente indicato per tutte quelle coppie che presentano specifiche caratteristiche come, ad esempio: età avanzata della madre, rischio di patologie congenite, anomalie relative al feto durante il periodo di gravidanza.

Si tratta di un percorso complesso multidisciplinare che coinvolge diverse figure come il ginecologo, il genetista e lo specialista di laboratorio. Lo screening che interessa la diagnosi prenatale si divide in due tipologie: screening prenatale non invasivo e screening prenatale invasivo, a seconda che comporti l’ingresso in utero di uno strumento diagnostico o meno per il prelievo diretto di materiale fetale. Ognuna di queste tipologie comprende diverse tecniche, scopriamo quali.

Screening prenatale non invasivo: significato e tecniche

Lo screening prenatale non invasivo è oggi possibile grazie all’evoluzione scientifica e medica avutasi negli ultimi trent’anni. Questa tipologia prevede diverse tecniche.

  1. ECOGRAFIA. Ai fini diagnostici le ecografie più esaustive sulla salute del feto in gravidanza sono:
    a) ecografia eseguita dal ginecologo durante il 1° trimestre (10a-14a settimana); tale procedura permette la corretta datazione della gravidanza, la misurazione di alcuni “soft markers” (osso nasale, translucenza nucale, dotto venoso, doppler valvola tricuspide, etc ), il cui aumento è suggestivo di trisomie o anomalie cromosomiche, malformazioni cardiache o malattie genetiche;
    b) ecografia pre-morfologica (15-18a settimana). Consiste nello studio precoce dell’anatomia fetale utile nella pianificazione dei follow-up ostetrici successivi;
    c) ecografia morfologica (19-23a settimana). E’ l’ecografia che valuta l’anatomia fetale in- toto nella migliore finestra temporale della gravidanza al fine di rilevare eventuali malformazioni fetali;
    d) ecografia di accrescimento (24-30a settimana). Valuta la crescita fetale attraverso precise misurazioni;
    e) ecografia flussimetrica (30-39a settimana). Valuta lo stato di benessere materno-fetale attraverso la misurazione di indici di pulsatilità in arteria ombelicale ed arteria cerebrale media fetale.
  2. TEST COMBINATO (BI-TEST o DUO-TEST).Consiste nel calcolo del rischio di avere un feto affetto da sindrome di Down o altre trisomie (18 Edward, 13 Patau) mediante la combinazione dei valori della NT (Translucenza Nucale) con il dosaggio su siero materno (prelievo di sangue) della frazione libera di βhCG (fbHCG) e della proteina plasmatica A associata alla gravidanza (PAPP-A). La sensibilità dello screening aumenta con la visualizzazione dei soft markers fino al 93-95%.Il BI-TEST ha un 5% di falsi positivi e di falsi negativi. Se il BI-TEST segnala un rischio moderato-alto si consiglia alla paziente un approfondimento mediante F-DNA (DNA fetale libero circolante nel sangue materno) o con la diagnosi prenatale invasiva.
  1. F-DNA o NIPT (test prenatale non invasivo).
    Rappresenta attualmente il più sensibile test prenatale non invasivo per la ricerca di trisomie 13-18-21 (LG ministeriali 05.2021). Si tratta di un test che può essere eseguito a partire dalla 10a settimana di gestazione ed è attendibile su tutti i tipi di gravidanza (singola, gemellare, PMA omologa o eterologa).

Le informazioni ottenibili mediante l’analisi del DNA fetale circolante su sangue materno sono:

  1. screening trisomie 13-18-21;
  2. screening aneuploidie cromosomi sessuali;
  3. screening del sesso fetale;
  4. screening microdelezioni puntiformi;
  5. screening degli sbilanciamenti genomici di grosse dimensioni;
  6. screening di malattie monogeniche.

Durante la valutazione di scelta del livello del NIPT è indispensabile un confronto con il ginecologo di fiducia al fine di valutare la scelta del migliore test per la gestante, inserendola all’interno del percorso clinico personalizzato per la gestione della gravidanza.

Screening prenatale invasivo: significato e tecniche

La diagnosi prenatale invasiva, al contrario della precedente, comprende tutte le procedure idonee al prelievo di tessuti embrio-fetali o annessiali. Le tecniche utilizzate sono le seguenti.

  1. VILLOCENTESI. Consiste in un prelievo di una piccola porzione di villi coriali, ossia frammenti della placenta embrionale da eseguirsi in genere tra la 10-13a settimana. Il test presenta un rischio di aborto pari all’1% ma ha il vantaggio di essere eseguibile in epoca precoce.
  2. AMNIOCENTESI. È la pratica invasiva più diffusa che si esegue tra la 16-18a settimana di gestazione e consiste nel prelievo di liquido amniotico mediante un ago introdotto per via trans-addominale sotto guida ecografica. Il rischio di aborto è stimato tra 0.2/0.5%.
  3. INDAGINE DI LABORATORIO. Viene eseguita da un genetista esperto sul campione prelevato attraverso villocentesi o amniocentesi e rileva la presenza/assenza di anomalie relative al cariotipo fetale.

Lo studio del cariotipo fetale viene condotto per:

  1. determinare il numero di cromosomi per escludere trisomie o monosomie;
  2. analizzare la struttura dei cromosomi, per identificare duplicazioni o delezioni anche di piccole dimensioni (in questo caso si parla di microdelezioni e microduplicazioni identificate con lo studio del cariotipo molecolare o array-CGH).

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